La Dimora
VR 586
Villa Carrara
Comune: Grezzana
Località: Carrara di Grezzana
Via Carrara, 1
Irvv 00006530
Ctr 124 NO
La Storia della Villa
Sin dal Quattrocento vi sono documenti d’archivio che attestano la presenza della località denominata Carrara. Nel 1411 il vescovo di Verona, Guido Memo, rinnova a titolo di feudo ad Antonio e Nicolò de Banaverijs la concessione di tre appezzamenti prativi, arativi con alberi da frutto e vigne e boschivi con cenge in pertinenza di Carrara. Il centro insediativo è costituito da un appezzamento casalivo in riva al progno, probabilmente da identificarsi con il complesso a destra della provinciale, mentre tra i confinanti figura un certo «Consa de Colognis». Nel 1444 al suo posto è insediato un «Olibonus q. censa de Colognis» capostipite della nobile famiglia degli Oliboni, signori incontrastati dell’alta Valpantena per tutto il Cinquecento la prima metà del Seicento. Varie successioni avvengono nei corso dei secoli tra la famiglia Oliboni e nel 1670 la figlia di Giulio Oliboni, Isabella, e la moglie Andriana Manfredi ricevono in eredità tutti i beni di «villa Grezana in contrà di Carrara».
Nell’atto che attesta l’eredità, redatto con estrema precisione, la casa di Carrara risulta costituita da una tinazza e da una caneva cui sovrasta una sala, da un luogo terreno presso la cucina e dalla cucina che si apre sulla corte, adiacenti sono la camera del servitore ed un luogo sopra la stessa, il complesso insediativo è completo di stalla. Pare che la vedova Andriana soggiornasse con frequenza nella casa di Carrara, prestando ad essa molte attenzioni, anche dopo il secondo matrimonio con il conte Lodovico Lazise, possessore di altri beni nella zona. Nella seconda metà del Seicento la proprietà di villa Carrara risulta divisa in due: da una parte Laura Oliboni, vedova di Francesco Maria Mezzanelli, che ne detiene una parte con campi arativi avuti in dote, e dall’altra la vedova Andriana Oliboni. Quest’ultima, nel 1698, cede a Francesco Maria Mezzanelli, figlio di Laura, e padre priore degli agostiniani in Verona, la possessione chiamata “La Carrara” con affitto temporale dei campi, degli orti e della casa padronale con l’obbligo di ampliare e mantenere la proprietà e la casa domenicale.
Infatti molti sono i lavori di miglioria che apporta alla casa, come la grande biblioteca e la prestigiosa pinacoteca, nonché la costruzione di una chiesetta.
Dopo la morte del padre agostiniano, la casa si compone di cucina terrena, una camera adiacente adibita a sala da pranzo, una scala che conduce al primo piano dove si trova la sala della pinacoteca che conduce all’adiacente biblioteca, successivamente una camera contigua e una tinozza, il tutto riccamente arredato da quadri, mobili, libri ed oggetti preziosi.
Successore di Francesco Maria è il conte Giovanni Camillo Mezzanelli, possessore di altri beni nella Bassa veronese; egli prosegue le opere di sistemazione e di ampliamento dei beni in località Carrara. Nel 1765, dopo la morte del conte Giovanni Mezzanelli, figlio di Camillo, i beni con «brolo e fabbriche dominicali e colloniche» passano al figlio Francesco, il quale, nel 1783, pare li eriga nuovamente in massima parte. Successivamente, nel 1792 come si legge nei documenti conservati nell’Archivio di Stato di Verona, vende al marchese Giò Batta Da Monte, il quale, con denari ottenuti da una “soddisfazione di dote” dai nobili Pompei, diviene nuovo proprietario della «possessione con fabbriche Domenicali e Rusticani, con chiesa intitolata a San Nicola con due Broli […] detta Carrara». Ma la proprietà per i Da Monte non ha questa grande importanza e nel 1799 viene ceduta a Giuseppe Marcantonio di Sanguinetto, che la acquista per riscattare una possessione nella Bassa veronese, a Sustinenza, dando in permuta villa Carrara al conte don Gasparo Gaspari e ai fratelli della congregazione di San Filippo Neri di San Fermo Minore in Braida. Nel 1812, viene redatto un disegno della proprietà dal perito Antonio Serena. Nella seconda decade dell’Ottocento, la proprietà viene nuovamente venduta; nel 1818 tocca a Giò Carlo Malaspina e alla figlia Maria Carolina Alderaino. Per l’occasione un altro disegno, di mano dell’ingegnere Andrea Maffei, viene redatto raffigurando la proprietà, però gli stabili sono descritti in modo molto sommario (Archivio Frank). Due sono le direttrici di intervento dell’abate Malaspina e della figlia negli stabili di villa Carrara; un primo restauro degli edifici ed una serie di restauri alla strada. Ben più consistenti sono però le «spese necessarie per ridurre li Fabbricati della Carrara in istato servibile, per ricostruire li muri di cinta caduti e sostituire li minaccianti caduta […] Occorre rimaneggiare li Tetti tanto della Casa di Villeggiatura che Rusticani formati parte filagna, travi, arelle e tegole […] Verso il cortile occorre riattare le griglie della casa di villeggiatura […] li cancelli di legno che dalla Corte immettono al Brolo verso mattina ed alla Casa Domenicale non che al Cancello per locale del forno […] finestra arcuata sopra il Portone del Rusticane […] nella cucina […] rimettere il secchiaio». Durante questi anni l’Oratorio di San Nicola continua a essere officiato.
Dalla metà dell’Ottocento la proprietà Malaspina si è nuovamente allargata. Anche l’ultimo trentennio dell’Ottocento vede per gli stabili di Carrara imponenti opere di restauro promosse senza risparmio di denaro, come l’erezione di nuovi fabbricati. I lavori vengono seguiti dall’ingegnere Cesare Benciolini.
Sull’intero compendio dei rustici, si pone in evidenza il grande edificio gastaldale distribuito su tre piani che nella sostanziale semplicità e nella razionale distribuzione delle aperture conserva ancora integri interessanti elementi architettonici come due antichi camini e due eleganti archi di accesso centinati, sul prospetto principale affiancato sul parco, il maggiore dei quali sovrastato da una più ridotta apertura ad arco, pure centinata, con poggiolo. Sul fianco dell’immobile, rivolto alla casa padronale, sono stati mantenuti i due grandi portali che introducevano ai locali del piano terra probabilmente adibiti a cantine, dove sono tutt’ora visibili i bei soffitti a vela. Molto interessanti sono gli interni, con soffitti lignei databili al XVI secolo. Nella chiesa degne di nota sono le decorazioni pittoriche del 1807, di mano del maestro Pietro Parolai, volute da don Gaspare Gaspari.
La Villa, dal 2019 al 2023, è stata sapientemente sottoposta a restauro conservativo, a cura dell'attuale proprietà, La Spada Salvadori, che l'ha riportata all'antico splendore.